
Se l’impegno europeista di Alcide De Gasperi rappresenta una delle cifre riassuntive dell’azione politica dello statista trentino nel contesto italiano e internazionale del secondo dopoguerra, la realizzazione della Comunità Europea di Difesa (CED), fondata nel 1952 dai sei Paesi membri della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (Belgio, Francia, Germania federale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi), costituisce senza dubbio la punta di diamante di questo impegno. Agli occhi dei suoi fautori – di ieri e di oggi – la CED si presenta tuttavia come un’occasione persa nella prospettiva di un’integrazione compiutamente politica e federale dell’Europa.
Anticipata nei suoi tratti fondamentali dal progetto del primo ministro francese René Pleven – il cui piano, ispirato dal suo mentore politico Jean Monnet, viene approvato dal parlamento transalpino il 24 ottobre 1950 – la CED è evidentemente figlia delle tensioni internazionali del periodo, segnato dallo scoppio della guerra di Corea (1950-53) e prima ancora dallo sviluppo della bomba atomica sovietica e dall’alleanza tra l’Urss e la Cina maoista. All’indomani dell’approvazione francese del “piano Pleven” – che nella creazione di un esercito europeo di 100.000 effettivi, dove le truppe tedesche siano inquadrate in una struttura sovranazionale, trova un compromesso tra le esigenze di difesa europea contro la minaccia sovietica e i comprensibili timori francesi per il riarmo tedesco – il percorso che porta alla firma del trattato istitutivo della CED passa necessariamente per l’Alleanza Atlantica.
In un primo momento il Consiglio Atlantico di Bruxelles (19 dicembre 1950) invita i rappresentanti di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti a discutere con la Germania occidentale le modalità di un suo coinvolgimento attivo nella difesa militare europea. La successiva Conferenza per l’istituzione dell’esercito europeo convocata dalla Francia nel febbraio 1951 – alla quale tra i Paesi europei membri del Patto Atlantico aderiscono Italia, Germania federale, Belgio, Lussemburgo e, in un secondo momento, Paesi Bassi – si conclude con l’invio ai Paesi partecipanti (27 luglio 1951) di un Rapport intérimaire che costituisce una sintesi dei problemi della difesa europea e sarà di lì a breve discusso e approvato dal Consiglio Atlantico di Ottawa (15-20 settembre 1951), alla presenza – tra gli altri – del Presidente del Consiglio De Gasperi, il quale dal 26 luglio precedente ha assunto anche il fondamentale portafoglio degli Esteri nel quadro del VII governo da lui presieduto. Il progetto finale, approvato dal Consiglio Atlantico di Lisbona nel febbraio 1952, confluisce nel trattato istitutivo della CED, firmato a Parigi il 27 maggio 1952.
Su questo sfondo, il contributo offerto da De Gasperi al “sogno” di un’Europa unita militarmente e politicamente – destinato a infrangersi ben presto sugli orientamenti nazionalisti del parlamento francese, dove una maggioranza costituita da gollisti, socialisti e comunisti voterà il 30 agosto 1954 (a pochi giorni dalla morte dello statista trentino), contro la ratifica del trattato CED, vanificando così gli sforzi del quadriennio precedente – appare decisivo soprattutto in due occasioni.
La prima è la conferenza bilaterale che il 12 e 13 febbraio 1951 riunisce nella suggestiva cornice di Santa Margherita Ligure i primi ministri di Italia e Francia (De Gasperi e Pleven) e i rispettivi ministri degli Esteri (Carlo Sforza e Robert Schuman), per discutere sulle prospettive di un esercito europeo. Già in quell’occasione De Gasperi esercita un significativo influsso sugli orientamenti europeisti di Schuman. È tuttavia a Strasburgo, nella conferenza che si svolge l’11 dicembre 1951 – all’indomani di una seduta del Consiglio d’Europa in cui il primo ministro italiano pronuncia uno dei suoi discorsi europeisti più vibranti – che De Gasperi realizza il suo personale “capolavoro”.
In tale sede De Gasperi riesce infatti a convincere, a seguito di un negoziato estenuante, i suoi interlocutori di Francia (Robert Schuman), Germania (Konrad Adenauer), Belgio (Paul van Zeeland), Lussemburgo (Joseph Bech) e Paesi Bassi (Dirk Stikker) dell’opportunità di inserire, nel trattato della CED, un articolo che preluda alla formazione di una nuova organizzazione europea, «concepita in modo da poter costituire uno degli elementi di una struttura federale o confederale ulteriore, fondata sul principio della separazione dei poteri e comportante, in particolare, un sistema rappresentativo bicamerale». È questo il cuore dell’art. 38 del futuro trattato CED, che prelude alla nascita di un’organizzazione politica – la Comunità Politica Europea, il cui statuto, elaborato dall’assemblea allargata della CECA, sarà approvato il 10 marzo 1953 – in grado di assicurare al costituendo esercito europeo una direzione politica altrettanto europea, forte di una legittimazione democratica.
Diversamente, l’esercito europeo si ridurrebbe a essere una mera emanazione dell’Alleanza Atlantica, come paventato anche dal Movimento Federalista Europeo, con cui De Gasperi trova una significativa convergenza sulla necessità di superare gli orizzonti più limitati del Rapport intérimaire del luglio 1951 per andare avanti con risolutezza sulla strada di un’integrazione politica del continente europeo. Un’intuizione che, nonostante il fallimento della Comunità Europea di Difesa (e, conseguentemente, della Comunità Politica Europea), risulta ancora oggi di grande attualità.