La nostra Patria Europa

DOCUMENTI − DE GASPERI E LA CED

Discorso di De Gasperi all'Assemblea del Consiglio d'Europa

Strasburgo, 15 settembre 1952

Signor Presidente, quando Ella mi ha invitato a venire a Strasburgo e a parlare per una seconda volta a questa Assemblea, pur apprezzando l’alto valore del suo invito e ringraziandola, ho dubitato un istante di poterlo accettare. Non sapevo ancora, in quel momento, se potevo presentarmi qui con dei risultati concreti davanti a voi che avete lanciato tanti appelli per la causa europea nel corso dei vostri dibattiti nel maggio scorso. Lei, Signor Spaak, aveva detto ai Ministri: «Continuate nel cammino su cui vi siete avviati, ma soprattutto fate più presto». E, la prima volta che ho avuto l’onore di parlare qui il 10 dicembre scorso anch’io, mi ricordo, avevo lanciato un appello urgente a tutti gli uomini responsabili d’Europa. Vi avevo detto che ci trovavamo in presenza di una occasione unica per fare l’Europa, e che, se quella occasione non era colta, sarebbe sfuggita per sempre. Mi domando oggi: i nostri sforzi comuni hanno dato dei risultati? L’occasione è stata colta? Oggi ho la coscienza che questo appello non è stato vano, che quello scopo lontano, ma così importante che si intravedeva appena qualche mese fa, si è ora avvicinato.

Il 27 maggio i Governi dei sei Paesi si sono solennemente impegnati a creare una Comunità europea della Difesa. Attendiamo ora con piena fiducia la approvazione dei nostri Parlamenti. Senza voler precorrere le loro decisioni, sono sicuro che essi si renderanno pienamente conto dell’importanza del loro verdetto. Se questo sarà favorevole, come spero, la Comunità di Difesa creerà in Europa e nel mondo una situazione nuova. La Comunità, rinforzata dalla solida garanzia dei nostri amici britannici e dei nostri amici americani, si inserirà come un elemento essenziale nell’organizzazione della difesa occidentale. Il 10 agosto, il Trattato del carbone e dell’acciaio, dopo essere stato ratificato da larghe maggioranze dei Parlamenti dei sei Paesi, è entrato in vigore e qualche giorno fa in questa stessa sala ha avuto luogo la prima riunione della prima Assemblea Europea, munita di poteri sovrani; infine, un altro avvenimento importante si è verificato negli ultimi mesi.

Il Governo britannico si è mostrato desideroso di stabilire e sviluppare una collaborazione organica fra l’Associazione più vasta a cui partecipa la Gran Bretagna, il Consiglio d’Europa, e le organizzazioni più strette della Comunità che si stanno creando. Dopo aver sottoposto queste idee ai governi europei e all’Assemblea consultiva che le hanno approvate, il signor Eden, a cui spetta l’onere di queste proposte, è venuto qui di persona per spiegare le intenzioni e le speranze del Governo del Regno Unito. Dopo averlo ascoltato credo che noi gli dobbiamo tutta la riconoscenza per la chiarezza e l’eloquenza con la quale egli ha esposto le intenzioni del suo Governo. Quanto a me, è con soddisfazione particolare che ho ascoltato il suo discorso, poiché esso conferma il desiderio britannico di collaborare all’opera alla quale noi ci siamo dedicati. Il suo discorso dimostra, da parte della Gran Bretagna, un interesse diretto e favorevole allo sviluppo unitario dell’Europa e il desiderio di associarvisi in una forma compatibile con i legami extra europei della Gran Bretagna. L’esposto ampio ed elevato del Signor Eden ha indicato idee generali altamente apprezzabili nelle quali, come in un quadro, trovano il loro posto le nostre aspirazioni concrete senza che vi siano divergenze apprezzabili di punti di vista per quanto riguarda l’esecuzione. Il Governo italiano, che per quattro anni ha fatto tutti gli sforzi per allargare la collaborazione europea in seno al Consiglio d’Europa e che temeva che questo fosse minacciato da una crisi, si compiace che le proposte britanniche possano dare una nuova vitalità al Consiglio d’Europa e aprirvi dei nuovi orizzonti.

Sarà grazie all’associazione con le comunità ristrette che il Consiglio d’Europa troverà un rinnovato vigore. Penso infatti che la Comunità dei sei dovrà essere il nucleo centrale di un’associazione più vasta che si svilupperà attorno ad essa. Voglio dire che sarà dapprima, al centro, l’organizzazione dei sei Paesi già costituita, a cui la creazione dell’unità politica comune darà una coesione più intima e un’accresciuta responsabilità. Questo cerchio, cui i sei Paesi sono già raggruppati, dovrà rimanere aperto affinché, come in un’attrazione nucleare, altri Paesi secondo i loro desideri possono entrarvi oppure avvicinarsi con forme di associazioni periferiche, molteplici, caratterizzate da diritti e da obblighi meno estesi.

Naturalmente, come il Signor Eden stesso ha voluto indicare, questa associazione sarà graduale e progressiva. È difficile allo stato attuale delle cose, al momento in cui la vita della Comunità dei Sei comincia appena, cristallizzare in schemi rigidi delle forme di collaborazione da stabilirsi tra il Consiglio d’Europa e la Comunità. Secondo la vecchia formula britannica, sarà l’esperienza che ci indicherà il metodo migliore per giungere a un sistema che potrebbe nel suo insieme avere delle analogie con il Commonwealth britannico. Infine, bisogna sottolineare che saranno lo spirito democratico delle istituzioni libere, l’aspirazione a realizzare una migliore giustizia sociale che dovranno essere i fattori prevalenti di coesione di questa zona più vasta di associazione in cui gli obblighi e i legami saranno meno specifici.

Voglio dire che se gli Stati Maggiori, concludendo un patto militare, possano essere talvolta, forse troppo spesso, tentati di basare i loro calcoli unicamente sul numero delle Divisioni, sarebbe un errore, da parte degli uomini politici responsabili, di non prendere in sufficiente considerazione i fattori morale e sociale: cioè, lo spirito stesso dei regimi degli Stati che saranno chiamati a partecipare all’Unione Europea. A questo proposito una convinzione profonda – che è il risultato della mia lunga e contrastata esperienza politica – sottoscrive pienamente alle dichiarazioni che il Signor Eden ha ieri esposto così chiaramente. Egli ha pienamente ragione nel dire che lo scopo fondamentale dell’unione dell’Europa deve essere quello di preservare il nostro stile democratico di vita, le nostre tradizioni di civiltà e di libertà e di rafforzare le nostre libere istituzioni. Non c’è niente di nuovo nella dittatura, niente di originale nel voler risolvere i problemi con la forza.

Certamente, come egli dice, la virtù della democrazia è la pazienza e la comprensione. Dobbiamo non inasprire, ma attenuare le differenze; ma dobbiamo anche essere pronti a difendere con l’aiuto di tutti, le libertà dei diritti umani e degli istituti democratici. Gli avvenimenti a cui ho alluso – la firma del trattato della Comunità della Difesa, l’entrata in vigore del Trattato del carbone e dell’acciaio, le proposte britanniche – ci hanno incoraggiato ad andare oltre. Ero e sono tuttora del parere che senza un’autorità politica centrale il genere di solidarietà previsto dal trattato della Comunità di Difesa, solidarietà che va dalla vita alla morte, non potrebbe resistere alle tendenze separatiste e individualistiche che in certi momenti potrebbero sorgere in qualche Parlamento nazionale. Allora si tratta per i Ministri non solo di non perdere tempo, ma anche di scegliere fra i sistemi di lavoro proposti, quello che può con maggior certezza portare a dei risultati rapidi e concreti, il sistema che, essendo direttamente in rapporto con un articolo di un trattato firmato dai Governi, ha alla sua base un impegno solenne.

Subito dopo la firma del trattato di difesa e le conclusioni dei vostri dibattiti nel mese di maggio, il signor Schuman e io ci siamo messi immediatamente in contatto per concretare una proposta comune da sottoporre ai nostri colleghi. Il Governo inglese, che è stato tenuto costantemente al corrente, sia dal Signor Schuman sia da me stesso, ci ha dato il suo consenso e il suo incoraggiamento. Incoraggiamenti preziosi ci sono giunti anche dai nostri amici americani che non hanno mai cessato di indicarci il loro esempio di unione e di sostenerci nelle nostre speranze. È così che un progetto di risoluzione per la creazione di un’autorità politica europea, aperta a tutti i Paesi, era pronto per la riunione dei ministri del 25 luglio scorso. Il Signor Schuman e io l’abbiamo fatto conoscere ai nostri colleghi, senza tuttavia poter discutere a fondo il progetto a causa della situazione particolare del rappresentante dei Paesi Bassi, il cui governo, dopo le elezioni, non era ancora formato.

La decisione è stata presa durante la recente sessione della Conferenza dei Ministri a Lussemburgo. Tengo a sottolineare che questa decisione è stata facile, poiché il signor Schuman e io abbiamo trovato che i nostri colleghi di Germania, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo avevano le nostre stesse speranze. Voi tutti, sia direttamente nella vostra qualità di membri dell’Assemblea del carbone e dell’acciaio, si indirettamente esaminando il rapporto di quella stessa Assemblea, sarete chiamati a partecipare alla esecuzione del compito che si deve iniziare. Per questo spero che mi permetterete di manifestare alcune mie idee su questo lavoro e sui problemi che, a mio parere, meritano un esame più urgente e più approfondito. Il primo e più importante problema che bisogna affrontare è, secondo me, il seguente: individuare quali siano i settori della vita dei nostri paesi che devono essere sottoposti per primi al potere dell’autorità politica centrale per garantire e rendere operante la difesa comune tale quale è stata prospettata alle autorità della Comunità e per dare a questa tutta la capacità e tutta l’autorità necessarie.

Bisognerebbe agire in modo che la Comunità europea di Difesa, che dovrebbe entrare in funzione la prossima primavera, fosse fin dall’inizio fondata su delle basi costituzionali comuni per i settori che sono di sua competenza. Sono anche del parere che non si può assicurare solidarietà degli sforzi militari, in tempo di pace e di guerra, senza realizzare un minimo di solidarietà nei settori dell’economia e del lavoro. Per questa solidarietà economica si presenta tutta una gamma di possibilità: dalla unione doganale alla riduzione delle tariffe e alle tariffe preferenziali, dalla Banca confederale unica fondata su una convenzione monetaria che riunisca le differenti banche internazionali, alla moneta unica, dal mercato unico all’abolizione dei contingenti.

In questo studio della Costituzione federale, bisognerebbe, a mio parere, tener presenti soprattutto le seguenti considerazioni: bisognerebbe prima di tutto limitare per quanto possibile le enunciazioni generiche, enunciazioni che esistono già in tutte le nostre Costituzioni nazionali, e fare una distinzione fra le trasformazioni strutturali che sono consentite dalle nostre Costituzioni attuali e quelle per cui delle revisioni costituzionali sarebbero necessarie. Bisogna mettere in comune dapprima solo quello che è strettamente indispensabile per raggiungere lo scopo immediato che ci proponiamo e servirci per questo di forme elastiche suscettibili di una applicazione graduale e progressiva di formule che sappiano conciliare lo spirito giuridico latino con il pragmatismo britannico.

A questo proposito vorrei osservare, en passant, che l’europeizzazione della Sarre, che nella nuova atmosfera non sembra più un’utopia e per la quale formulo di nuovo i miei più ardenti voti, sarebbe un test che potrebbe forse fornire delle soluzioni valevoli anche per i nostri problemi. Infatti l’europeizzazione della Sarre pone, da un punto di vista economico, dei problemi essenziali simili a quelli che noi dobbiamo risolvere, come per esempio i problemi relativi al sistema doganale e alla moneta. Ma soprattutto nel nostro lavoro, è la volontà politica di realizzare l’Unione Europea che deve essere il fattore determinante, la forza di propulsione. La cooperazione economica è necessariamente un compromesso fra le esigenze autonome naturali di ogni partecipante e una volontà politica superiore. Se la realizzazione della solidarietà economica europea dovesse dipendere dalle formule di compromesso elaborate dalle differenti amministrazioni interessate, questo ci condurrebbe molto probabilmente a debolezze e contraddizioni.

È la volontà politica unitaria che deve dunque prevalere. È l’imperativo categorico che bisogna fare l’Europa per assicurare la nostra pace, il nostro progresso e la nostra giustizia sociale che deve innanzitutto servirci di guida. Ed ecco la ragione per cui, come ho già detto, la Comunità di Difesa deve essere il nucleo centrale intorno a cui devono sorgere e svilupparsi gli altri legami federali o confederali che si stabiliranno tra gli stati nazionali, questi restando sempre dei corpi animati da una vitalità propria e originale, di una vitalità che sarà trasmessa soltanto in parte a un’Amministrazione centrale comune ed elastica. Sono queste alcune idee che potrebbero essere utili all’Assemblea del carbone e dell’acciaio per i suoi lavori; e ho piena fiducia che le sue proposte rappresenteranno una solida base per le decisioni finali degli Stati partecipanti. Vedete che possiamo già parlare, senza essere accusati di utopia, di decisioni finali con la creazione di una comunità politica.

Se siamo già a questo punto, signor Presidente, è in gran parte grazie agli sforzi costanti di questa Assemblea che ha creato in Europa, in quattro anni, un’atmosfera nuova che ha suscitato intorno al problema dell’unificazione dell’Europa correnti irresistibili dell’opinione pubblica, che ha attirato nel modo più energico l’attenzione dei governi sui bisogni di unità dell’ora attuale. Ma il risultato finale, signor Presidente, signori, è ancora nelle vostre mani. Per riuscire bisogna che il vostro sforzo continui. Bisogna che l’opera dei governi sia sostenuta dai vostri saggi consigli, dalla vostra tenace volontà, dall’appoggio prezioso che apporterebbe direttamente e indirettamente, qui e altrove, a Strasburgo e nei vostri paesi, dovunque la vostra voce si leverà per mantenere e per rafforzare le correnti di opinione pubblica che ci sono indispensabili per agire e per concludere.

È con fede sincera che vi rivolgo queste parole. Ho piena fiducia che con la volontà dei nostri popoli liberi e col vostro appoggio, con l’aiuto di Dio, una nuova era per l’Europa non tarderà ad aprirsi.

(Archivi Storici dell’Unione Europea, ASUE – Fondo Alcide De Gasperi; Affari Esteri, X, b, 3)