La nostra Patria Europa

DOCUMENTI − DE GASPERI E LA CED

Discorso di De Gasperi al Congresso degli Stati Uniti

24 settembre 1951

Signor Presidente degli Stati Uniti, Signori Presidenti del Congresso, Membri del Congresso, è un alto onore per me parlare in questa Assemblea, in questa grande roccaforte della democrazia mondiale. Le vicissitudini della mia vita mi hanno portato a sperimentare differenti regimi, a sostenere lotte per la libertà e la indipendenza nazionale, ad essere testimone della soppressione del sistema parlamentare democratico ed infine a vedere il trionfo delle nostre libere istituzioni. Il mio passato dà fede perciò alla mia testimonianza, quando affermo che il Congresso americano ha brillato come un fascio di luce negli ultimi quarant’anni ed ha riportato l’umanità meravigliata sul sentiero del progresso democratico. Qui, nei giorni più duri, hanno risonato voci illuminate. Qui, voi membri del Congresso, avete preso le più importanti decisioni per la vittoria e la liberazione. Come democratico, come europeo e come italiano rendo omaggio alla grandezza della vostra missione provvidenziale.

Voi avete ammirevolmente e generosamente compiuto questa missione intervenendo nei momenti decisivi con le forze armate della liberazione. Voi avete assolto questo compito, in pace e in guerra incoraggiando la resistenza, rivolgendo appelli alle forze morali, richiamando i popoli alla loro comune eredità di dignità umana e facendo rivivere un sentimento di fratellanza che non conosce ineguaglianze né davanti a Dio né di fronte agli uomini. Quante volte sotto l’oppressione o la tirannia noi abbiamo risollevato i nostri cuori e le nostre speranze meditando quelle parole della Dichiarazione di indipendenza che suonano: «Noi teniamo sempre queste verità come evidenti: che tutti gli uomini sono eguali creati e che ad essi sono stati concessi dal loro Creatore alcuni inalienabili diritti tra cui sono quello alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità». Con questa verità, con la vostra fede, in quei diritti umani, voi vi siete impegnati ad agire e ad intervenire in Paesi anche lontani dove la libertà era in pericolo.

Le azioni dei popoli sono complesse: il bene e il male, l’egoismo e l’altruismo possono di volta in volta determinare il loro corso ma l’idea fondamentale, la forza sottintesa che provvede allo impulso non è che una: il vostro non è imperialismo, non è spirito di conquista. Cosa è, dopo tutto, quel vostro sforzo di organizzare le Nazioni Unite se non uno sforzo per superare i conflitti e la guerra sulla base della eguaglianza e della ragione? E poiché d’altra parte, l’unità non è desiderata ed il dissenso viene alimentato, cos’è il Patto Atlantico se non un altro tentativo di realizzare la solidarietà tra gli uomini di buona volontà nel costruire un nuovo mondo e nel difenderlo se attaccato con la forza delle armi?

Ho proprio ora reso omaggio al Milite ignoto, simbolo di tutti coloro che sono morti nelle vostre guerre e nelle nostre. Davanti a quel monumento ho pensato a tutti i vostri e nostri caduti i quali giacciono nei cimiteri d’Italia, ho pensato ai sacrifici che sono stati fatti. Nessuno di quei soldati morti – come dice la superba iscrizione al vostro Soldato Ignoto – è sconosciuto a Dio, «Unknown but to god», e tutti debbono avere il loro posto nei cuori delle nazioni che hanno combattuto e che ancora combattono per il diritto contro l’aggressione. Il popolo italiano sente che questa legge ferrea della solidarietà nella difesa è il prezzo della libertà e della democrazia. Qualora venisse messo alla prova di fronte ad una aggressione, che tutti i tentativi di conciliazione non fossero riusciti ad evitare, il popolo italiano sarebbe deciso a dare il proprio contributo alla comune difesa. Nessuno può credere che uomini liberi come voi siete, uomini che hanno avuto una profonda esperienza, dei mali della guerra, possano cercare la guerra come soluzione dei nostri problemi.

Un noto autore inglese nella sua Diplomacy ricorda l’appello rivolto dal re ai Lacedemoni alla conferenza di Sparta di circa 2300 anni fa: «io non ho raggiunto l’età che ho senza aver guadagnato esperienza in molte guerre. Vi sono molti tra voi che hanno la mia stessa età che non commetteranno certamente l’errore di immaginare nella loro ignoranza che la guerra sia desiderabile e che essa porti vantaggi e sicurezza». Noi che abbiamo superato due guerre mondiali sappiamo che dobbiamo evitarne una terza. Signori del Congresso, questa è la nostra volontà come intenzione del presidente Truman, ma è chiaro che non possiamo evitare la guerra se non raggiungiamo un equilibrio delle forze. Voglio dire cioè che un riarmo, un ragionevole riarmo, non è in contrasto, ma è anzi una condizione per la ricostruzione dell’Europa sullo stesso piano in cui la ricostruzione economica, secondo quanto si propone il Piano Marshall, mira ad assicurare la difesa della libertà e della democrazia.

Nel sopportare tali considerevoli sacrifici a nome del popolo degli Stati Uniti in vista della nostra sopravvivenza economica, il Congresso ha già fatto molto cammino sulla via della difesa. Esso ha vinto la prima battaglia. Non tutti gli obiettivi sono stati raggiunti. È anche vero che senza il vostro contributo l’Europa o almeno quella parte di essa compresa nella linea anticomunista, sarebbe già crollata. Mi rendo pienamente conto dei gravi sacrifici compiuti dai vostri compatrioti ma il presidente Truman ha giustamente detto che il miglior mezzo per fermare il sovvertimento operato dal Cremlino consiste nel puntare contro i mali della ingiustizia sociale e del disordine economico. Noi in Italia, in una terra di pochi mezzi ma di molte tradizioni, abbiamo percorso molta strada verso la ricostruzione e verso la giustizia sociale. L’ordine pubblico è stato restaurato ed il livello del potere di acquisto è stato strenuamente difeso.

Questi due risultati sono stati un requisito indispensabile per qualsiasi sviluppo, poiché nessuna riforma sociale, nessun ambizioso programma di lavori pubblici può essere attuato con successo se il Governo è incapace di proteggere le istituzioni contro i tentativi rivoluzionari e se il Paese non ha fiducia nel valore della propria moneta. Dopo una tremenda inflazione che ha abbassato il valore della lira ad un cinquantesimo rispetto a quello di prima della guerra, la stabilità monetaria era essenziale. Entro i limiti imposti da questa necessità fondamentale la ripresa economica è stata avviata con successo. La produzione è del 30% più alta del livello prebellico. Il consumo dei generi elementari [sic!] pro-capite ha toccato di nuovo il livello di prima della guerra. Una vasta riforma sociale è stata progettata e viene gradualmente attuata. Una completa riforma fiscale è stata autorizzata dal Parlamento e sarà applicata prima della fine di quest’anno.

Noi ci sforziamo di portare avanti simultaneamente il nostro programma di riforma sociale ed il nostro programma di riarmo. Questo non è facile nel mio Paese. Noi lottiamo per aumentare in Patria la occupazione e per trovare nuovi sbocchi al nostro lavoro all’estero: un arduo compito in un Paese che ha circa due milioni di disoccupati su una popolazione lavorativa di circa 21 milioni. Noi vi chiediamo di assisterci. Noi siamo una nazione che lavora duro e che ha soprattutto necessità di lavoro. Lavoro in Patria, mediante ordinazione per rifornimenti civili e militari, lavoro all’estero attraverso l’impiego temporaneo o permanente della mano d’opera eccedente.

I nostri amici americani sono testimoni dell’industriosità del nostro popolo. Tuttavia non vogliamo venire a voi pressati soltanto dalle necessità materiali. Se lo facessimo non meriteremmo la vostra considerazione né la vostra amicizia. Ma come uomini liberi ad uomini liberi noi vogliamo dirvi che vi siamo grati perché chiedendo la revisione del nostro ingiusto trattato di pace, avete riconosciuto che una alleanza effettiva e valida non può esistere senza l’eguaglianza dei diritti e il pieno riconoscimento della indipendenza della sovranità e della dignità nazionale. Nessuno di voi dovrebbe pensare che noi siamo vittime di un gretto nazionalismo. Se noi chiediamo che la questione di Trieste sia definitivamente risolta nell’ambito della dichiarazione anglo-franco-americana del marzo 1948 è perché vogliamo creare un fronte in cui le vecchie difficoltà non esistano più e si possa in tal modo stabilmente e solidamente costruire il baluardo dell’unità europea.

L’Europa una volta finalmente unita, vi risolleverà dai vostri sacrifici di uomini e di armi perché potrà pensare da sola alla difesa della pace e della comune libertà. Raccogliendo le inesauste energie delle sue tradizioni morali e civili essa vorrà allora, signori, assumere di nuovo la sua funzione di determinare nel corso del progresso umano l’apporto del suo decisivo contributo. Signor Presidente degli Stati Uniti, Signori Presidenti del Congresso, Signori Membri del Congresso, questa assemblea merita la gratitudine di tutti i popoli liberi. L’Italia attraverso la mia persona rinnova questa espressione di gratitudine e riafferma il suo solenne impegno di collaborazione. Possa Iddio assisterci nel nostro lavoro per la grandezza della nostra libertà.

(Archivi Storici dell’Unione Europea, ASUE – Fondo Alcide De Gasperi, Affari Esteri, VII, 4)