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Strasburgo, 11 maggio 1954
Signorina, cari colleghi, non è certo per i miei meriti personali che voi mi avete nominato, e nemmeno perché io possa dimostrare una particolare esperienza negli affari che formano l’oggetto delle discussioni di questa Assemblea. Credo che voi mi abbiate indicato come riconoscimento di una fede profonda, di una convinzione cioè della necessità dell’unione europea e della vitalità delle istituzioni europee. Perciò io umilmente accetto la vostra nomina, fatta con tanta solennità. L’accetto come un impegno comune di perseverare, di continuare la marcia sulla via una volta indicata da illustri pionieri che ci hanno preceduto in questa fatica.
Vedo ancora qui, in quest’aula, la figura di Roberto Schuman, nella seduta del 10 agosto 1950, quando spiegava il programma tecnico siderurgico dell’azione che la Comunità doveva svolgere. Egli era così riguardoso, così prudente così cauto a non sollevare eccessive speranze e, d’altro canto, così conoscitore delle difficoltà da superare, che le sue parole sembravano – ricordate? – quasi esitazioni, quasi mancanza di impegno, ed invece erano conoscenza profonda del cammino che bisognava percorrere. Ma egli, subito dopo avere spiegato da tecnico, da uomo d’affari quasi, i particolari del programma d’azione, allargava l’orizzonte a più vasta visione. Egli diceva: «L’organizzazione del carbone e dell’acciaio eliminerà per sempre la tensione, la possibilità di conflitti fra la Francia e la Germania»; e poi aggiungeva profeticamente queste parole: «Il Piano comporta delle possibilità che non siamo ancora in grado di valutare», nel senso della unificazione europea, nel senso della costruzione di un’Europa unita.
Ed ancora qui, in quest’aula, risuona la calda eco dell’eloquenza animatrice di tutte le nostre le vostre risoluzioni: la voce del presidente Spaak, che nei momenti più critici, con grande audacia ed ardimento, ruppe l’indifferenza e sollecitò, eccitò le nostre volontà. E poi l’illustre attuale presidente dell’Alta Autorità, Jean Monnet, che è il realizzatore, il costruttore di questo edificio, di cui Schuman aveva disegnato l’armatura. Voi nelle prossime sedute discuterete il rapporto dell’Alta Autorità, troverete delle difficoltà, delle critiche da fare, vedrete che l’Alta Autorità stessa si trova ad urtare contro difficoltà ed ostacoli di interessi e tradizioni ormai inveterati. L’Alta Autorità ha bisogno di voi, ha bisogno della pressione dell’opinione pubblica, e di questa opinione pubblica interprete solenne e competente è questa Assemblea. Voi darete certamente all’Alta Autorità il contributo della vostra critica, delle vostre proposte, delle vostre sollecitazioni, ma, al di là dei particolari tecnici e amministrativi, non perderemo mai di mira la visione sintetica del nostro programma. La Comunità europea del carbone e dell’acciaio costituisce il metodo nuovo per garantire un accordo di pace e di collaborazione, con il comune controllo dei mezzi e delle risorse. Ormai questo metodo si imporrà necessariamente in tutti i settori: il controllo reciproco dei mezzi e delle risorse per le forze militari, il controllo reciproco dei mezzi e delle risorse anche quando si voglia risolvere il problema terribile delle forze nucleari. È questo, d’altra parte, il mezzo più sicuro per garantire l’esecuzione dei trattati.
Ricorderete che tra il 1919 ed il 1939 i trattati internazionali che vennero conclusi furono una settantina e tutti divennero carta straccia nel momento dell’attuazione, perché mancava la garanzia organica e questa garanzia non si può trovare che nel controllo comune delle comuni risorse. La Comunità europea del carbone e dell’acciaio vivrà di forza propria per l’abilità, la capacità, dell’attuale presidente dell’Alta Autorità e dei suoi collaboratori, ma anche se in certi momenti essa dovesse incontrare difficoltà tecniche impreviste, non bisogna dimenticare che la Comunità europea del carbone e dell’acciaio ha una sua ragione d’essere che si aggiunge a quella originaria, cioè essa vive e dovrà vivere per costituire l’esempio del fatto comunitario, delle possibilità comunitarie e delle possibilità di organizzazione della pace; la pace nello sforzo unificatore degli organi, l’unione delle volontà sancita e garantita dall’unione delle risorse e dei mezzi disponibili.
Signorina, cari colleghi, noi continueremo col massimo impegno i nostri lavori, ma quello che non ci deve mancare è un senso di responsabilità, direi di corresponsabilità, più ampio di quella che è la competenza specifica della Comunità: il senso, cioè, che fa vivere la nostra speranza, la convinzione e la consapevolezza che questa è la solida base da cui potremo aspettarci ogni ulteriore sviluppo.
(Archivi Storici dell’Unione Europea, ASUE – Fondo Alcide De Gasperi, Esteri III, Europa, 8)