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Discorso di benvenuto,
Villa Aldobrandini, 24 febbraio 1953
Sono particolarmente lieto di darvi il benvenuto a Roma a nome del Governo italiano. Queste nostre riunioni periodiche che man mano rinnovano una gradita consuetudine di comune lavoro, sono la prova e il segno dell’attiva collaborazione in atto tra i nostri Paesi. Il compito che ci siamo assunti è di trasformare un sentimento – quello dell’amicizia tra i nostri popoli – e un’idea – quella delle necessità che essi hanno di cooperare in ogni campo tra loro – in una concreta realtà: quella dell’unità europea. Noi intendiamo così costituire i presupposti affinché i nostri popoli possano vivere e prosperare in un clima di maggiore e più diffuso benessere economico e di salda sicurezza. Noi crediamo nelle forze, nelle risorse morali e spirituali, nella tradizione e nella volontà di questa nostra Europa, madre di antica e di moderna civiltà. E pensiamo che attraverso l’unione questi elementi possano trovare la via del loro più armonioso e più ampio sviluppo.
La strada da percorrere è lunga e aspra; essa sta ancora nella maggior parte davanti a noi; ma possiamo ormai constatare con soddisfazione che abbiamo oltrepassato insieme le prime pietre miliari e che l’Europa è in cammino. Già, infatti, i nostri Paesi vedono in atto la Comunità carbosiderurgica nella quale essi hanno volonterosamente associata una parte tanto cospicua delle loro economie nazionali, già essi hanno stretto fra loro i vincoli che derivano dal trattato della Comunità di Difesa; già si accingono a trasferire sul piano di una operante realtà quella Comunità politica europea che dovrà inquadrare le precedenti e le future iniziative comuni. Lo spirito di collaborazione che ci anima favorisce al massimo grado la nostra reciproca comprensione e consente di parlarci con assoluta franchezza. Né potrebbe essere altrimenti, convinti come siamo che stiamo percorrendo la giusta via, l’unica che possa assicurare il bene di tutti e di ognuno. La realtà riesce di rado a tenere il passo con i propositi e con i piani. Se questo si manifesta anche nel processo integrativo europeo, ciò non deve incidere sulla nostra fiducia.
Quello che ci proponiamo e per cui lavoriamo con lena concorde è di costruire gradualmente, col ritmo pacato ma ininterrotto, con cui si elevano gli edifici destinati a durare, un’Europa senza lotte, senza egemonie, senza barriere e senza diaframmi. Le porte di questa nuova Europa saranno sempre aperte a tutti i popoli di buona volontà che sentano di avere con noi comunanza di ideali e di interessi. L’Italia è fiera di avere sinora contribuito a quest’opera, ed è fermamente intenzionata a proseguire nel proprio sforzo. Questo del resto si associa a quelli che generosamente compiono i Paesi che voi rappresentate.
È con questi sentimenti che io levo il bicchiere beneaugurando alla prosperità dei vostri Paesi e dei vostri Popoli, alla personale felicità dei vostri eminenti Capi di Stato e vostra alle fortune e al successo della nostra meta comune.
(Archivio Storico Istituto Luigi Sturzo, ASILS – Carte Bartolotta, 1953, IX, pp. 1281/1276-1277)