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9 ottobre 1951
La Delegazione italiana è stata informata che le Delegazioni tedesca, belga, francese e lussemburghese, durante la seduta del Comitato di Direzione del 3 settembre u.s., alla quale essa non ha potuto partecipare per i motivi che furono comunicati in quel momento, hanno fatto sapere che i loro governi, pur riservandosi di esprimere una decisione definitiva sull’insieme del progetto in uno studio ulteriore, avevano loro dato istruzioni di continuare il lavoro della Conferenza sulla base del primo Rapporto interinale, base considerata, in principio, come soddisfacente. Il Governo italiano ha esaminato per parte sua il Rapporto interinale con la più grande attenzione e tiene a rendere omaggio a questo importante contributo allo studio e alla soluzione di un problema così vasto e complesso, quale quello della creazione di una Comunità Europea della Difesa.
Tuttavia il Governo Italiano non potrebbe accettare integralmente i principi delineati nel Rapporto interinale, e crede necessario sia formulare alcune osservazioni, sia presentare nuove proposte che potrebbero, a suo avviso, condurre a risultati più completi, senza peraltro pregiudicare la rapidità dei lavori. Da un punto di vista generale la Delegazione italiana osserva che la Comunità Europea della Difesa, pur presentando alcuni aspetti che la avvicinano alla Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, differisce da quest’ultima su dei punti molto importanti: non sembra possibile infatti applicare, per analogia, alla Comunità Europea della Difesa tutte le soluzioni alle quali si è pervenuti per l’organizzazione della Comunità del Carbone e dell’Acciaio.
Il Governo Italiano, esaminata accuratamente la questione, si è inoltre reso conto che, sempre da un punto di vista generale, certi problemi di carattere economico e finanziario che si pongono per la Comunità della Difesa, non possono trovare la loro soluzione che nel quadro di un’organizzazione il cui carattere sopranazionale e, diciamo la parola, confederativo, sia sufficientemente sviluppato. Si è per questo motivo che la Delegazione italiana sarà indotta, durante i prossimi lavori, a prendere una posizione precisa avente lo scopo dell’integrazione dell’organizzazione dei Paesi membri in senso confederativo. Non è infatti – come si vedrà – che in una stretta associazione che i problemi fondamentali della finanza possono trovare la loro soluzione.
Iniziando lo studio del problema nei dettagli, la Delegazione italiana deve dichiarare che il suo Governo non è in condizioni di accettare il sistema relativo alla formazione e all’approvazione del Bilancio Europeo, quale è previsto nel Rapporto interinale. In verità tutte le delegazioni, durante i precedenti lavori, avevano manifestato qualche dubbio sul sistema proposto nel Rapporto interinale. Tale problema è certamente di una difficoltà molto considerevole. È d’altronde sulla materia finanziaria in particolare – più che su tutte le altre – che le delegazioni, nel Rapporto interinale, hanno attirato l’attenzione dei governi e hanno sollecitato loro istruzioni. In relazione a tale riserva formale la Delegazione italiana ritiene suo dovere di indicare qui di seguito alcuni inconvenienti che deriverebbero dal sistema finanziario previsto dal Rapporto interinale.
La Delegazione italiana tiene a sottolineare che non si tratta di inconvenienti relativi soltanto alla posizione dell’Italia, ma al contrario di difficoltà che sarebbero egualmente condivise da tutti i membri della Comunità e dell’organizzazione stessa. Infatti anche se i governi, con uno sforzo di buona volontà accettassero un Trattato fondato su tale sistema, tale trattato molto probabilmente non sarebbe ratificato dai Parlamenti nazionali e non avrebbe pertanto alcun risultato pratico.
Il sistema in parola presenta, ad avviso della Delegazione italiana, i seguenti inconvenienti: a) è del tutto contrario allo spirito della responsabilità e alle regole fondamentali del sistema parlamentare: i Parlamenti si vedrebbero in effetti obbligati ad approvare ad occhi chiusi delle spese, poiché sarebbero infatti responsabili dell’ammontare della spesa, cioè dei pesanti oneri che tali somme rappresentano per i contribuenti, senza poter esercitare alcun controllo, o quanto meno alcun controllo dettagliato. Ogni anno i Parlamenti sarebbero obbligati a rinunciare ad una parte della loro sovranità e – ancor di più – in maniera sempre differente, poiché ciò avverrebbe in funzione della somma richiesta dal Commissario, variabile di anno in anno, senza essere in condizioni di valutare in maniera diretta e sicura il fondamento delle differenti domande annuali. b) Nel caso in cui un Parlamento non fosse disposto ad accettare la parte delle spese previste per il suo Paese e già approvata, dal suo ministro in seno al Comitato dei ministri, tutta l’organizzazione si troverebbe in crisi. Siccome poi il sistema di ripartizione delle spese fra i Paesi membri è quello secondo il rapporto della misura percentuale, l’attitudine di uno dei Paesi determinerebbe l’attitudine degli altri, bloccando così il contributo anche di quelli che fossero disposti a pagare.
La Delegazione italiana ritiene che in luogo di una rinuncia parziale o rinnovata ogni anno della sovranità nazionale e delle attribuzioni parlamentari, occorrerebbe chiedere ai Parlamenti nazionali, una volta per tutte, un onere avente carattere definitivo e costituzionale. Questo sistema avrebbe il vantaggio di eliminare, una volta ratificato il Trattato, tutte le responsabilità dei Parlamenti per quanto concerne sia la gestione dei fondi stanziati per il bilancio europeo, sia il loro ammontare; i Parlamenti rinuncerebbero così ad interessarsi di una «tranche», fissata antecedentemente, delle risorse nazionali e questa «tranche» sarebbe amministrata nella sua totalità su un piano europeo dagli organi speciali della Comunità. Si tratta dunque di stabilire nel Trattato che la contribuzione di ciascun Paese al bilancio europeo sia costituita da una somma corrispondente alle possibilità di ciascun Paese e di adattarla a tali possibilità automaticamente, di anno in anno, man mano che esse variano. Parecchie formule potrebbero essere previste a tale scopo.
Per esempio: 1. Si calcolerebbe il contributo di ciascun Paese secondo una percentuale da stabilirsi del suo bilancio nazionale totale; 2. Si calcolerebbe il contributo di ciascun Paese secondo una percentuale da stabilirsi delle sue entrate fiscali annuali; 3. Si calcolerebbe il contributo sulla base di una percentuale da stabilirsi del reddito nazionale medio per abitante di ciascun Paese, con un sistema equamente progressivo; 4. Il contributo infine sarebbe calcolato applicando una imposta europea della difesa da riscuotersi direttamente da ciascun cittadino.
Qualunque sia la formula che sarà adottata, il Governo italiano ritiene che essa dovrebbe assicurare un’equa ripartizione degli oneri finanziari in modo da consentire uno sforzo massimo in rapporto alle possibilità economiche dei contribuenti. A tale riguardo il Governo italiano ritiene che i principi di cui al rapporto del FEB presso il NATO, approvato dal Consiglio atlantico ad Ottawa, costituiscono la base più utile di discussione, anche in vista degli stretti legami che debbono collegare Comunità Europea della Difesa al NATO. La Delegazione italiana riconosce che una rinuncia alla sovranità, come quella prevista sopra, non potrebbe essere fatta dai governi, né accettata dai Parlamenti nazionali, senza che si crei come contropartita, sul piano federale, un organo al quale sarebbero affidati i poteri di cui si priverebbero le assemblee nazionali e che avrebbe l’autorità di esercitarli col medesimo titolo dei Parlamenti nazionali.
Effettivamente il progetto previsto nel Rapporto interinale prevede un Commissario che eserciterebbe il potere esecutivo, ma non sarebbe appoggiato da un potere legislativo europeo. L’organo munito di tali poteri dovrebbe essere, secondo la Delegazione italiana, l’Assemblea europea. Questa Assemblea dovrebbe sostituire le assemblee nazionali nel campo della difesa ed esercitare sul piano europeo la parte del potere sovrano che non apparterrebbe più agli Stati membri. Per permettere all’Assemblea di assolvere a tale compito, è evidentemente necessario che essa goda di un grande prestigio, di una grande autorità; in una parola che essa sia veramente rappresentativa. Per tale motivo la Delegazione italiana crede di dover proporre che si prevede, già fin d’ora, che l’Assemblea della Comunità per la Difesa sia composta dei rappresentanti eletti direttamente per suffragio universale. L’estrema urgenza, tuttavia, dell’organizzazione della difesa comune, non permetterà di attendere, per creare la Comunità europea della Difesa, che sia convocata un’Assemblea eletta a suffragio universale, poiché tale convocazione esige la preventiva elaborazione di una legge elettorale adatta così come la preparazione e l’organizzazione delle elezioni.
Di conseguenza, come è previsto per gli altri organi della Comunità europea della Difesa, si potrebbe contemplare anche per l’Assemblea una soluzione transitoria: l’Assemblea europea potrebbe essere formata da principio dai rappresentanti eletti dai Parlamenti nazionali. L’Assemblea così formata avrebbe anche il compito di preparare la convocazione dell’Assemblea definitiva, eletta dal suffragio dei popoli europei. Un’Assemblea eletta per suffragio universale europeo potrebbe agevolmente esercitare ampi poteri di controllo politico sul bilancio europeo e su tutta la gestione del Commissario. Il Commissario sarebbe responsabile nei confronti dell’Assemblea nella stessa misura nella quale un ministro è responsabile nei confronti di un’Assemblea nazionale. L’Assemblea dovrebbe avere tutti i mezzi per seguire, anche nel dettaglio, l’amministrazione del Commissario, formando delle commissioni e mediante interpellanze e voti.
L’Assemblea potrebbe naturalmente, come è egualmente previsto nel Rapporto interinale, provocare la revoca del Commissario con una mozione di biasimo. Ma tale potere dell’Assemblea dovrebbe essere integrato da un altro potere che ne sarebbe il complemento logico: l’Assemblea dovrebbe avere anche il diritto di nominare il Commissario. Non è infatti interamente logico che il Commissario possa essere revocato, come si propone nel Rapporto Interinale da un’Autorità che non l’ha nominato, mentre l’Autorità che l’ha nominato (il Consiglio dei Ministri) non avrebbe tale potere: si tratta qui di una contraddizione evidente. L’elezione del Commissario da parte dell’Assemblea potrebbe aver luogo su proposta del Presidente di essa, dopo consultazione e su parere del Consiglio dei Ministri.
Le attribuzioni dell’Assemblea che sarebbero da principio limitate alla nomina del Commissario, alla sua revoca e al controllo della gestione, dovrebbero essere in seguito, se l’esperienza lo consiglia, allargate. Per esempio l’Assemblea potrebbe essere autorizzata, quando ne fosse il momento a stabilire una legge fiscale europea per le imposte della difesa; essa dovrebbe anche poter dare il suo parere sulle questioni concernenti la legge sul reclutamento e sui piani di produzione degli armamenti. Ma si tratta in tal caso di misure da prendere man mano che esse appariranno opportune.
(Archivio Storico Ministero Affari Esteri, ASMAE – DGAP, 1951-1957, b, 22, Telespresso n. 22/02543)